0.4 >> Analfabetismo Emotivo

I giovani hanno effettivamente una sorta di analfabetismo emotivo derivato dal fatto, che i sentimenti non sono una dote naturale, ma si acquisiscono attraverso un processo di apprendimento. I primi tre anni della nostra infanzia sono decisivi. In questa fase si formano le mappe emotive, ovvero la modalità di percepire e sentire il mondo, reagendo agli eventi in modo proporzionato e congruente.
Se il processo di apprendimento si interrompe o addirittura presenta delle importanti criticità per l’assenza di un educatore (che in questa fase sono i genitori) i sentimenti non si sviluppano, restando ad uno stadio di impulsi fisiologici, naturali. In questo modo si preclude irreparabilmente l’opportunità di evoluzione ad uno stadio ancor più elevato, legato alla formazione del sentimento e di tutto il sistema di valori cognitivi ad esso collegati.
Il sentimento ha una valenza sociale, poichè rappresenta quella dimensione cognitiva che consente di percepire il mondo esterno in maniera adeguata, con una capacità di accoglienza e di risposta agli stimoli esterni, elevata, rispetto alla mera percezione di stimoli.
Le emozioni ed il sentimento non sono doti naturali, ma si acquisisce culturalmente.
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I sentimenti nell’ antichità venivano appresi attraverso la letteratura classica: tutta la fenomenologia dei sentimenti possibili è rappresentata in modo plastico, dalla mitologia classica, da Zeus (potere) ad Afrodite (amore) passando per Athena (intelligenza) sino ad Apollo (la bellezza.
Negli anni la letteratura ha ricoperto il medesimo ruolo educativo,con riferimento ai sentimenti dell’amore, del romanticismo, della rabbia, della noia.
In un momento storico dove la letteratura, la scuola, la lettura, lasciano il passo ad altro, l’intero processo di apprendimento, prima delle emozioni siano alla formazione del sentimento subisce una evoluzione o in alcuni tratti un’involuzione.
Il rischio crescente di un diffuso analfabetismo emotivo è quello di una perdurante staticità delle persone ad uno stadio di impulso o al massimo di emozione.
Resta da definire e da valutare, di conseguenza, la dimensione e l’impatto sociale, nonchè il ruolo stesso, di tutte quelle forme di reti culturali e sociale digitali, in una dimensione sociale e pedagogica dell’individuo, senza trascurare la struttura ed il fine di numerosi media digitali.
Se le mappe emotive non si formano si crea uno squilibrio, in ordine alla risonanza emotiva, che noi abbiamo degli eventi, non riuscendo a discriminare la differenza tra bene e male, giusto ed ingiusto, tra ciò che è grave e ciò che grave non è, solo per citare alcune classi di esempi. Bene e male infondo non hanno una definizione univoca se non collegata ad un sentire, presente in ognuno di noi.
E se lo stesso ragionamento, fosse esteso anche ad una fascia di persone con un’età superiore? Quali possono essere le nuove dimensioni e gli impianti affettivi ed emozionali? Esiste un problema di analfabetismo emotivo diffuso?